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Papa Francesco invita a pregare per la Repubblica Centroafricana e il Sud Sudan

Papa Francesco invita a pregare per la Repubblica Centroafricana e il Sud Sudan - Pierluigi Natalia

La pace

 

negata

 

all'Africa

 

 

15 febbraio 2014

 

L'invito di Papa Francesco, con un tweet di questa mattina, a pregare per la pace in Africa, specialmente nella Repubblica Centroafricana e in Sud Sudan, viene a ricordare il progressivo degenerare di tragedie che coinvolgono milioni di persone. La pace negata all’Africa, non solo nei due Paesi citati — gli ultimi in ordine di tempo a essere sprofondati nella guerra civile — si traduce in orrori quotidiani su bambini e vecchi, donne e uomini. La pace negata è aumento del sottosviluppo, furto anche di speranza per il continente dalla popolazione più giovane.

Anche nelle ultime ore sono giunte dai due Paesi notizie sconfortanti e in alcuni casi sconvolgenti. In Sud Sudan non si consolida il cessate il fuoco tra le forze del Governo del presidente Salva Kiir Mayardit e quelle ribelli che fanno riferimento all’ex vice presidente Rijek Machar, mentre degenera di ora in ora la condizione di quasi un milione di sfollati provocati dal conflitto esploso due mesi fa.

La Repubblica Centroafricana sprofonda in orrori ripetuti, senza che le violenze siano ancora arginate dalle truppe internazionali, quelle della Misca, la missione africana forte di seimila uomini, e quelle di Parigi che ieri ha inviato altri quattrocento soldati, portando il suo contingente a duemila effettivi. L’Unicef ha denunciato ieri la ferocia abbattutasi su decine di bambini decapitati e mutilati, in una guerra civile divenuta sempre più aspra da quasi un anno, dopo il colpo di Stato del marzo scorso, quando il presidente François Bozizé fu rovesciato dagli ex ribelli della Seleka. La denuncia ha seguito di poche ore la scoperta nella capitale Bangui di una dozzina di corpi senza vita in una fossa comune nei pressi di una caserma che fino a poche settimane fa era servita da base alle milizie della Seleka, originariamente una coalizione di oppositori di Bozizé senza particolari connotazioni confessionali, ma da tempo formata in maggioranza da combattenti stranieri, in massima parte di matrice fondamentalista islamica, provenienti soprattutto da Sudan e Ciad. Alle violenze della Seleka sono seguite quelle delle milizie conosciute come antibalaka (balaka significa «machete» in lingua locale sango), contro i musulmani.

Di una nuvola oscura di atrocità di massa e pulizia etnica che sovrasta il Paese, ha parlato ieri il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che porterà martedì prossimo in Consiglio di Sicurezza le sue raccomandazioni per contenere le violenze e cercare di porre fine alla crisi. «Linciaggi, mutilazioni, orrendi atti di violenza spargono il terrore: tutti gli abitanti musulmani e cristiani, sono colpiti ma di recente ci sono stati attacchi su vasta scala in città come Bouali, Boyali, Bossemble dove non è stato possibile inviare caschi blu» ha denunciato Ban Ki-moon.