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La sfida dei Brics

5 novembre 2024

«Non si può pensare che l’economia abbia bisogno delle banche», intese come banche d'affari, perché farlo equivale a un «errato sistema economico che ha dimenticato l’uomo e la sua dignità». Sono parole chiare in giorni in cui alla politica si richiederebbero parole chiave.   Perché in questi tempi di incertezza e persino di non speranza nel futuro c'è necessità di discernere il bene dal male non solo nei comportamenti personali, ma anche nell'analisi del contesto storico che attraversiamo e delle vicende che impongono alla nostra vita direzioni e condizioni spesso incontrollabili. C'è bisogno, cioè, di visione e di idealità, che è cosa diversa dalla degenerazione ideologica di qualunque segno.

Ma quelle parole, non sono della politica. Le pronunciò infatti un vescovo italiano, Mario Toso, oggi alla guida della diocesi di Faenza-Modigliana, diversi anni fa, quando era segretario (numero due) del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, un dicastero vaticano. A tanti sedicenti laici – in realtà anticlericali in ritardo sulla storia -  farebbe bene ascoltarle. E magari uscire dallo schema di una presunta corrispondenza tra identità cattolica e collocazione politica tra i sedicenti difensori del trinomio Dio, Patria, Famiglia. Perché oggi c'è bisogno di un riformismo autentico, di sistema e non solo di contingenza, un riformismo capace di essere radicale sulle basi della convivenza civile.  E in questo i cattolici non possono essere meno determinati di tanti presunti progressisti.

«Se non sono gratuiti   i sistemi economici e il bene comune diventano un male pubblico. Se c'è una cosa che caratterizza il sistema finanziario e monetario moderno è che è diventato una forma di capitalismo addirittura più retrivo di quello dell’800. In quel periodo, infatti, le persone erano cose, oggi, invece, sono addirittura ignorate». Anche queste sono parole del vescovo Toso.  E ancora: «La crisi economica che stiamo vivendo non è quella tempesta leggera e momentanea che ci si vuole proporre, ma appare senza fine e rimarrà tale, perché è soprattutto di tipo entropico. Occorre cessare la speculazione che si fa dell’uomo e della società e aprire le coscienze all’attuazione di sistemi finanziari che si basino sul concetto di democrazia».

Per opporsi alla finanza speculativa che non conosce confini, né teme più di tanto controlli a livello statale, occorre un salto di qualità anche nel ripensare le istituzioni cosiddette di Bretton Woods (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale). Queste infatti hanno progressivamente perso il mandato e la vocazione universale di garantire uno sviluppo economico adeguato in modo da ridurre le situazioni di povertà e di disuguaglianza, che anzi hanno in non pochi casi aggravato. Lo stesso discorso può farsi sul piano dei consessi governativi. Per esempio, il G20 è certamente un passo in avanti rispetto al precedente G8, oggi G7 con l’espulsione della Russia, ma non può essere ritenuto rappresentativo di tutti i popoli e manca di una legittimazione e di un mandato politico democraticamente controllabile. E meno ancora, in questo senso, conta il G7.

L'uscita dalla crisi mai davvero affrontata richiede determinazione nel perseguire gli obiettivi, compreso quello di restituire alla politica il suo primato sull’economia e sulla finanza, per ricondurre queste ultime alle loro reali funzioni, prima tra tutte quella sociale.

Il primo passo potrebbe e dovrebbe essere la tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque, ma modulate con oneri proporzionali alla complessità delle operazioni, soprattutto in quelle che si effettuano nel cosiddetto mercato secondario, meno trasparente. Le risorse di una tale tassazione andrebbero destinate a promuovere lo sviluppo globale e sostenibile, secondo principi di giustizia sociale e di solidarietà.

Ma soprattutto è necessario un impegno a separare le banche in senso proprio e società finanziarie speculative, riservando solo alle prime il sostegno pubblico, dietro obbligo di uscire dai sistemi di finanza tossica. Se un compito ha oggi la politica, un compito che interpella tutti, ma in particolare l’Europa e in essa l’Itali, chiamate a ricordare la loro identità fondante di culla dello Stato sociale, è quello di esprimere una volontà reale di condizionare il sostegno pubblico alle banche, anche con forme di ricapitalizzazione, a comportamenti virtuosi per sviluppare l’economia reale. Cioè di non consentire più che siano solo o principalmente il denaro, la cupidigia, il falso mito del mercato a determinare il destino dei popoli.

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