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Approvata dall'Onu l'agenda per il 2030

Approvata dall'Onu l'agenda per il 2030 - Pierluigi Natalia

 

Sviluppo umano

e non della finanza?

 

25 settembre 2015

La decisione più importante, almeno in teoria, con la quale si è aperta la 70ª Assemblea generale delle Nazioni Unite è passata un po' in sordina, come era ipotizzabile, dato che ad oscurarla c'è stata la visita al Palazzo di Vetro di visita di Papa Francesco – il cui intervento, concluso mentre scrivo, ha avuto comunque un rilievo storico – e dato che l'attenzione degli osservatori già si concentra sugli imminenti incontri in margine all'Assemblea stessa, primo tra tutti quello di lunedì tra Putin e Obama, dai quali ci si attendono decisioni cruciali riguardo alle principali crisai internazionali, a partire da quella in Siria strettamente connessa alla maggiore emergenza profughi mai registrata.

Eppure proprio la prima decisione presa dall'Onu – comunque non vincolante come tutte quelle dell'Assemblea senon sul piano culturale – potrebbe davvero sancire una svolta epocale. Sono stati infatti approvati i 17 nuovi obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sdg) raggiungere entro il 2030, che subentrano ai vecchi obiettivi di sviluppo del millennio (Mdg) che in teoria sarebbero dovuti essere conseguiti entro quest'anno, risultato che lascia molti dubbi.

La differenza potrebbe farla proprio quel “sostenibile”, dopo che alcuni traguardi dati per conseguiti si sono rivelati decisamente fasulli, occupandosi di prodottointerno lordo (pil) e non certo di prodotto umano. Per intendersi, con sistemi di misurazione troppo condizionati dalle statistiche ufficiali e dunque fuorvianti, capita normalmente, per fare solo un esempio, che se aumentano i prezzi delle materie prime cresce pure il pil, ma di solito la povera gente sta peggio di prima. Soprattutto in Africa, ma non solo, petrolio e minerali vari arricchiscono solo le élites, mentre le multinazionali rubano le terre ai contadini e realizzano profitti puntando su colture destinate unicamente all’esportazione e ai consumi del nord ricco del mondo.

Con i nuovi diciassette obiettivi, suddivisi in 169 traguardi specifici minuziosamente elencati - risultato di intensi negoziati, riunioni e conferenze tenute negli ultimi anni in tutti i continenti – sembrerebbe essersiimposta non solo la volontà, ma la tendenza a non subordinare lo sviluppo umano agliinteressi diuna finanza mondiale che resta comunque pervasiva.

Tra gli Sdg) troviamo al primo posto la “fine della povertà” , al secondo “fame zero”, al terzo “buona salute e benessere”. Poi “educazione di qualità”, “eguaglianza di genere”, “acqua pulita e igiene”. Seguono quindi le sfide dell'ecologia (energia pulita, clima, città sostenibili, vivibilità in acqua e terra), dell'economia (crescita economica, lavoro decente, innovazione, consumo e produzione responsabile) e della giustizia (ridurre le ineguaglianze, pace e istituzioni forti).

Diversamente che per gli obiettivi del millennio, che si applicavano soltanto ai Paesi che unpo' ipocritamente si contina a chiamare in via di sviluppo, per gli Sdg tutti gli Stati dovranno lavorare nella stessa direzione. Ciascuno sarà tenuto a presentare i suoi piani per lo sviluppo sostenibile, che devono essere impostati in maniera da sottrarre risorse da attività insostenibili in favore di politiche capaci di migliorare la qualità della vita e rispettare l’ambiente.

C'è un tarlo, però, a tormentare anche i più ottimisti tra gli osservatori dei processi geopolitici, tra i quali purtroppochi scrive ha smesso da tempo di annoverarsi. Stime concordi valutano il costo mondiale degli Sdg a quindici trilioni (miliardi di miliardi) di euro l'anno. Trattandosi di investimenti destinati a produrre certo guadagni alle persone, ma non ai potentati finanziari, c'è purtroppo da attendersi qualche altra statistica fasulla.