22 Luglio 2024
Scrivo queste righe per prendere congedo dai lettori di un giornale, trimestrale nella sua versione cartacea e quotidiano in quella online, che ho diretto per anni, a titolo gratuito, nella convinzione di poter dare un contributo alla diffusione dell’eredità valoriale del magistero di Tommasina Alfieri, figura luminosa del laicato cattolico del Novecento, e di poter indagare il senso dell’identità cattolica, alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Resto orgoglioso del livello qualitativo che questa testata ha raggiunto in questi anni.
Ma prendo atto del fatto che non sussistano più le condizioni affinché la mia presenza e il mio indirizzo al giornale possano proseguire. Lo faccio senza ira e senza rancore, ma con un giudizio ponderato e sereno che l’amarezza non inficia.
Serve qualche sommaria spiegazione. Devo molto a Tommasina Alfieri, ma devo qualcosa anche alla mia firma e alla mia storia professionale e non intendo dimenticare né l’una né le altre. Nell’ultimo anno, con il passaggio alla nuova editrice – non più l’associazione Amici della Familia Chisti, ma l’APS Amici del Beato Domenico della Madre di Dio (al secolo il viterbese Domenico Barberi) -, un passaggio praticamente imposto da palese diffidenza sul nome Familia Christi, espressa dal vescovo di Viterbo Orazio Francesco Piazza a causa delle vicende legate all’Eremo di Sant’Antonio alla Palanzana, più volte raccontate su queste pagine, è cambiato il clima intorno al giornale e alla mia direzione.
Si è incominciato presto, con alcuni soci dell’associazione Bàrberi, che avevano la strana pretesa di insegnare il Credo agli Apostoli, cioè fuor di metafora di sindacare su cosa e come il giornale doveva o non doveva pubblicare e quindi di contestare proprio il ruolo del direttore responsabile. Poi, dopo che Mario Mancini, che della Signorina Alfieri è il primo e autentico successore e che mi chiese a suo tempo di occuparmi di Sosta e Ripresa, ha lasciato la presidenza dell’associazione Bàrberi (che per inciso preferisce nelle chat associative definirsi “comunità di Castel d’Asso”, peraltro senza alcun riconoscimento ecclesiale come tale) qualcuno si è spinto a dire che Sosta e Ripresa doveva servire ai propri scopi.
Specifico che ho sposato con convinzione la causa del Beato Bàrberi, fra l’altro iscrivendomi all’associazione e soprattutto dimostrandolo con l’attenzione puntuale sempre avuta dal giornale. Ma aggiungo che su altri scopi e posizioni ho sempre avuto perplessità che non ho nascosto agli interessati.
Ma il punto di fondo resta che di Sosta e Ripresa i soci di tale associazione non si curino proprio, almeno per come è stata fatta sotto la mia direzione, come dimostra il fatto che tolte un paio di persone non l’hanno mai letta e che tra il quasi centinaio di soci si sono raccolti meno di dieci abbonamenti alla versione cartacea. Se intendono farne altro lo faranno senza di me.
Ma una cosa va aggiunta: un giornale non “serve” a chi lo fa. È esattamente il contrario. E se qualcuno, che peraltro sembra godere di consenso non so se nella APS Bàrberi, ma all’apparenza di certo nella sedicente “comunità di Castel d’Asso”, si spinge ad affermare quanto sopra senza che l’editore intervenga, di fatto si delegittima il direttore responsabile. Magari nella superficialità imperante tra molti che nel viterbese amano definirsi o farsi definire giornalisti senza averne il titolo né la deontologia la cosa sembrerà irrilevante. Ma come ho detto, la mia è un’altra storia. Non nascondo il timore che a Sosta e Ripresa possa accadere quanto già accaduto all’eredità materiale di Tommasina Alfieri, l’Eremo della Palanzana e non solo, nelle mani di persone che ne hanno pervertito gli scopi, ma la mia decisione è presa con coscienza tranquilla.
A conclusione di questo congedo dai lettori, oltre al ringraziamento per tutti loro, ne devo alcuni specifici a un numero ristretto di persone. La prima è appunto Mario Mancini. L’affetto, il rispetto e l’impegno a sostenerlo in tutte le iniziative per tenere viva l’eredità alfieriana da parte mia non verranno meno. Ma questo giornale non è più a mio giudizio lo strumento per sostanziare tale impegno.
La seconda è la vice direttrice Laura Ciulli che è anche la creatrice e proprietaria del sito online. Ho trovato in lei una collaboratrice (ma il termine è riduttivo) preziosa e ho avuto modo, in un confronto pressoché quotidiano, non solo di apprezzarne le qualità umane e la capacità di tenere la schiena dritta e di guardare all’essenziale, ma anche la crescita sul piano strettamente professionale, il che la rende, nel panorama dei tanti suddetti sedicenti giornalisti che pubblicano nel viterbese, una specie di mosca bianca, anche se la compagnia di cui sopra forse userebbe l’espressione pecora nera.
Un ringraziamento più specificamente personale va ai grandi esponenti del giornalismo e della cultura cattolica, che per amicizia e rispetto nei miei confronti hanno accettato di scrivere gratuitamente su Sosta e Ripresa, da padre Giulio Albanese, probabilmente oggi la firma più prestigiosa del giornalismo cattolico non solo italiano, al cardinale Agostino Marchetto, che lo stesso Papa Francesco definisce il miglior ermeneuta del Concilio Vaticano II; ai colleghi de L’Osservatore Romano, Gaetano Vallini, Silvia Guidi, Giulia Galeotti; della stampa vaticana in genere, Andrea Tonielli e Alessandro Di Bussolo; di Avvenire, Marco Tarquinio; di Famiglia Cristiana, Giulia Cerqueti e Antonio Sanfrancesco; del Messaggero di Sant’Antonio, Giulia Cananzi.
Infine esprimo gratitudine per tutti quegli esponenti del clero diocesano viterbese che in tempi e modi diversi hanno mostrato vicinanza, senza vanità personali, a Sosta e Ripresa, con citazioni d’obbligo per il vescovo emerito Lino Fumagalli, che al giornale volle indirizzare un significativo video messaggio, per padre Ignazio Martelletto C.S.I, dei Giuseppini del Murialdo, e per padre Ubaldo Terrinoni OFM Capp, da tanti anni firma importante e preziosa di Sosta e Ripresa e ultimo curatore, succedendo a padre Ignazio, della rubrica Spezzare la Parola, con la Lectio sul Vangelo festivo.
A tutti un saluto cordiale e grato.