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Dura risposta di Mosca alla strategia di Obama

Dura risposta di Mosca alla strategia   di Obama - Pierluigi Natalia

  

Questione siriana

e lotta al terrorismo

  

  

11 settembre 2014

 

Si annuncia difficile, per usare un eufemismo, un'azione internazionale realmente coesa per annientare la minaccia del cosiddetto Stato islamico (Is), attivo in Iraq e in Siria, sebbene nessun Governo lo ritenga altro che un gruppo terroristico. Sulle modalità dell'intervento, infatti, sono già esplosi contrasti che minacciano di riproporre, ingigantite, le fortissime tensioni di un anno riguardo alle armi chimiche. In un momento in cui la vicenda ucraina ha portato le relazioni tra Washington e Mosca al punto più teso mai toccato dalla fine dell'Unione sovietica e della guerra fredda, non c'è osservatore che non colga i rischi dell'apertura di un ulteriore fronte di scontro.

Di una vasta coalizione internazionale contro l’Is ha parlato il presidente statunitense, Barack Obama,nel discorso alla Nazione tenuto ieri, alla vigilia de tredicesimo anniversario dello spaventoso attacco terroristico subito dagli Stati uniti l’11 settembre 2001. Il particolare, Obama ha confermato di essere deciso ad estendere al territorio siriano i bombardamenti aerei contro l'Is già in atto su quello iracheno in appoggio alle forze governative di Baghdad e alle milizie, sciite e curde, loro alleate.

Ma per quanto riguarda la Siria Obama ha ribadito chiaramente che l'intervento non sarà in alcun modo concordato con il Governo del presidente Bashar Al Assad. «Non ci possiamo fidare del regime di Assad che non riguadagnerà mai la legittimità che ha perso», ha detto, aggiungendo anzi che intende fornire aiuti militari all'opposizione siriana, puntando su questa anche per la lotta contro l'Is. In merito l’Arabia Saudita avrebbe già garantito sostegno per l’addestramento e le basi logistiche, secondo fonti diplomatiche statunitensi citate oggi dal quotidiano «The New York Times».

Al discorso di Obama ha risposto duramente il Governo di Mosca. Il portavoce del ministero degli Esteri russo, Alexander Lukashevich, ha dichiarato che il piano annunciato da Obama è una «esplicita violazione» del diritto internazionale e che senza un chiaro mandato dell'Onu i raid sarebbero un «atto di aggressione» alla Siria. Del resto, già prima del discorso di Obama, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, aveva detto che i raid contro l’Is in Siria potrebbero essere un pretesto per colpire le forze di Damasco.

Il segretario di Stato americano, John Kerry, sta cercando in queste ore di garantirsi il sostegno di diversi Paesi mediorientali, i cui ministri degli Esteri sta incontrando a Gedda, in Arabia Saudita. Dopo l’incontro di ieri a Baghdad con il primo ministro Haider Al Abadi, Kerry ha detto che il nuovo Governo iracheno, con sunniti, sciiti, curdi e cristiani, rappresenta «il cuore e la spina dorsale dell’azione» illustrata da Obama per combattere e infine a distruggere l’Is.

In tutto questo, però, non si profila a sufficienza uno sforzo per cercare di raffreddare davvero le tensioni nell'area – non solo in Iraq - tra sciiti e sunniti (sunniti si dicono anche i miliziani dell'Is che stanno portando la loro forsennata guerra non solo, né principalmente ai cristiani, come farneticano in tanti, ma a chiunque non condivida la loro feroce concezione dell'islam, a partire proprio dalla quasi totalità dei musulmani, sciiti, sunniti o di qualsiasi altra confessione minore). Tuttavia un possibile e significativo sviluppo, almeno all'apparenza, è venuto dal Governo della principale potenza sciita dell'area, cioè l'Iran. Un messaggio di appoggio ad Al Abadi è dal presidente iraniano, Hassan Rohani, mentre il suo vice ministro degli Esteri, Hossein Amir Abdollahian, ha detto che «è il momento per i Paesi della regione di aiutare il Governo iracheno a sconfiggere le radici del terrorismo».

Ma che l'Iran possa essere coinvolto dagli Stati Uniti, dai Paesi occidentali e soprattutto dai loro alleati nell'area, come l'Arabia Saudita e il Qatar in particolare, in un'iniziativa concordata per fronteggiare la minaccia dell'Is appare almeno per ora un'ipotesi di fantapolitica.

Così come poche speranze sembrano esserci in questo momento per il rilancio di un'azione diplomatica dell'Onu, anche proprio questa mattina il presidente siriano Bashar Al Assad ha ricevuto a Damasco l’inviato dell’Onu per la Siria, il diplomatico italiano Staffan De Mistura, in missione nel Paese da due giorni e che ieri aveva incontrato il ministro degli Esteri, Walid Muallem. I colloqui tra la leadership siriana e De Mistura, che è accompagnato dal suo vice, l’egiziano Ramzi Ezzedin Ramzi, vertono appunto sulle possibilità di un’azione politica e diplomatica per mettere fine al conflitto e in particolare di convocare a questo scopo nuovi negoziati a Ginevra.

Ma al momento la prospettiva sembra purtroppo quella del proliferare delle armi, dal coltello per sgozzare ai cacciabombardieri.