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L'Europa e la questione profughi e migranti

L'Europa e la questione profughi e migranti - Pierluigi Natalia

 

Come semi gettati

in terra arida

 

2 marzo 2016

In un'epoca neanche troppo lontana in molti c'era la convinzione, umana e civile, che quanti era spinti dalla fame o dalla guerra a lasciare la propria terra fossero “come semi nel vento”, semi di una possibile fioritura di civltà e di fratellanza. Ma il Vangelo ammonisce che non tutti i semi fruttificano (vale per la Parola di Dio e vale per gli sforzi degli uomini di costruire condizioni di giustizia. Dipende, sempre, dal terreno in cui il vento della storia porta quei semi. E l'Europa sembra tornata un terreno arido percorso da egoismo e ferocia. Né chi nei Paesi europei governa sembra minimamente intenzionato ad arare quel terreno con vomeri che si chiamano solidarietà e, soprattutto, tutela dei diritti dell'uomo).

Sono sempre più inquietanti le notizie che arrivano dai Balcani e che ormai vengono relegate alle pagine interne dei quotidiani o al quinto o sesto posto dei servizi dei telegiornali (dopo accurati reportage sulle banalità dette nella cosiddetta notte degli Oscar e sull'abbigliamento dei protagonisti, servizi “sdraiati” sui presunti successi governativi in materia di economia, fiumi di dichiarazioni sulla scelta di due “compagni” - tra virgolette perchè in questo caso non riguarda certo la dichiarata identità di sinistra del più famoso dei due – di farsi costuire un figlio a pagamento in America).

I fatti sono che diecimila persone sono accampate al confine tra Grecia ed Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia in una tendopoli in grado di ospirarne un migliaio al massimo, che il Governo macedone ha sbarrato la frontiera stessa e che queste persone sono in crescente pericolo. I fatti sono che un altro accampamento di sventurati a Calais, in Francia, viene spazzato via con le ruspe, come si fa con una discarica abusiva di rifiuti.

I fatti sono anche che la Turchia continua a dare via libera nell'Egeo ai profughi che non è più in grado di gestire e che intanto in Siria e all'interno dei suoi confini continua a bombardare i curdi e non certo le residue milizie dell'Isis.

I fatti riportati dalle agenzie di stampa sono che il piano d'azione Ue-Turchia sarà al centro del vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo con il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu, fissato per il 7 marzo. Domani il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk sarà ad Ankara per preparare con Davutoğlu l'appuntamento. Sempre per domani, era già prevista una visita di Tusk ad Atene, per incontrare il primo ministro greco Alexis Tsipras al termine di un mini-tour nei Paesi della rotta dei Balcani occidentali, nel tentativo di creare consenso proprio in vista del vertice Ue-Turchia.

I fatti sono che il presunrto accordo raggiunto lo scorso settembre dall'Unione europea non è mai stato reso davvero operativo. Dovevano essere realizzati entro il mese di novembre, al più tardi, i cosiddetti “hotspot”, i centri nei quali le istituzioni comunitarie e le agenzie internazionali s'impegnavano ad assistere le autorità dei Paesi di arrivo di profughi e migranti per identificarli e registrarli e per organizzate sia la ridistribuzione sia i rimpatri. L'unico impegno che si è davvero provato a rispettare è stato il rafforzamento della sorveglianza alle frontiere esterne dell'Ue («l’attuale caos alle nostre frontiere esterne deve finire. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di recuperare il controllo dei nostri confini», aveva detto Tusk, annunciando fondi adeguati per i rimpatri dei migranti irregolari - rimpatriare i profughi non si può - ovviamente all'interno di un generico contenitore di «misure sulle tematiche connesse all’asilo e alle migrazioni»).

Lettera morta è rimasto invece l'impegno (le chiacchiere costano poco) ad assistere i Paesi dei Balcani occidentali a gestire i flussi di rifugiati e ad aumentare i fondi per affrontare le cause delle migrazioni nei Paesi di origine (il solito “aiutiamoli a casa loro” che mai si è tradotto in politiche di autentica solidarietà, per esempio smettendo di fornire armi a Paesi che dovrebbero avere ben altri tipi di sostegno). Fuori dai confini europei era prevista l’assistenza per il Libano, la Giordania, la Turchia, e gli altri Paesi alle prese con la crisi dei rifugiati siriani, anche attraverso un «aumento sostanziale» del fondo dedicato. Né è stato rispettato l'impegno a «rispondere alle esigenze urgenti dei rifugiati nella regione aiutando l’alto commissario dell’Onu per i rifugiati, il Programma alimentare mondiale e le altre agenzie dell’Onu con almeno un milione aggiuntivo». Per il bilancio europeo si trattava di fatto di una bazzecola, ma ciò nonostante i soldi non si sono visti.

I fatti riportati dalle agenzie di stampa sono che ora si si parla addiritturadi trecento milioni già nel 2016 e di settecento nen trienno. Sarò diffidente per natura, ma nutro seri dubbi.