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Morti per cattiva politica non per maltempo

Morti per cattiva politica non per maltempo - Pierluigi Natalia


Lacrime

  

di coccodrillo

  

  

19 novembre 2013


 

Magari saranno sinceri, i politici e gli amministratori che in queste ore hanno espresso cordoglio per le vittime del temporale in Sardegna. Perché è di questo che si è trattato: un temporale. Un ciclone lo è stato solo in senso tecnico. Si chiama così, infatti, ogni bassa pressione. Pensare che la Sardegna sia stata devastata da uragani caraibici o tifoni asiatici è catastrofismo autoassolutorio. Dire che in una giornata è caduta l'equivalente della pioggia di sei mesi non significa nulla. E siamo anche un po' stanchi di sentirlo ripetere e di veder versare lacrime di coccodrillo a ogni sciagura che ha le sue vere cause nel dissesto del territorio e in politiche industriali dissennate sotto il profilo della salvaguardia ambientale.

 

Nelle stesse ore in cui Olbia e le altre località sarde piangevano i loro morti, a Varsavia si trascinava stancamente la 19ª Conferenza dell’Onu sul clima (Cop 19) nella quale le quasi duecento delegazioni governative dovrebbero, in teoria, un nuovo accordo vincolante sulle emissioni nocive da raggiungere entro il 2015 e che possa entrare in vigore nel 2020. Lo scopo, tra l'altro, non è quello di cercare di invertire il fenomeno del riscaldamento globale, ma solo di contenerlo in limiti “accettabili”, un po' come quel padre (di una volta, oggi non ci farebbe caso) che alla scoperta di avere la figlia nubile incinta diceva che lo era “appena, appena”.

 

A Varsavia è stato diffuso, nella sovrana indifferenza delle delegazioni e della stampa (tolto qualche sito specializzato) un rapporto del Global Carbon Project, un gruppo di 49 esperti di dieci Paesi che assemblano i dati di istituti di ricerca di tutto il mondo. Il rapporto, pubblicato dalla rivista Earth Systems Data, certifica che le emissioni globali di biossido di carbonio derivate dall’utilizzo di combustibili fossili raggiungerà un livello record nel 2013, pari a 36 miliardi di tonnellate. Significa un aumento del 2,1% rispetto al 2012 e del 61% rispetto al 1990, considerato l’anno base per il Protocollo di Kyoto, unico accordo globale che fissa, fino al 2015, limiti vincolanti ai livelli di emissioni nazionali, ma coinvolge solo i Paesi industrializzati, con l’eccezione emblematica degli Stati Uniti che non l’hanno mai ratificato.

 

Il documento viene pubblicato mentre a Varsavia i rappresentanti di quasi 200 paesi sono riuniti per la 19esima Conferenza dell’Onu sul clima (Cop 19), incentrata sui negoziati per un nuovo accordo vincolante sulle emissioni nocive da raggiungere entro il 2015 e che possa entrare in vigore nel 2020: lo scopo è mantenere sotto i 2 °C l’innalzamento della temperatura media globale rispetto all’epoca preindustriale. «I governi devono accordarsi su come invertire questa tendenza. Le emissioni devono diminuire sostanzialmente», ha scritto in un comunicato la principale autrice del rapporto, Corinne Le Quere, del centro di ricerca Tyndall sui cambiamenti climatici. C'è qualche dubbio che qualcuno l'ascolti, in un mondo in cui i bilanci di una multinazionale del petrolio sono superiori a quelli di tutta l'Africa subsaharia.

 

E c'è qualche dubbio che in Italia la strage in Sardegna induca una classe dirigente autoreferenziale, e che da almeno tre legislature è priva di legittimazione democratica (sono tutti nominati, non eletti) a varare l'unico piano industriale che serve davvero al Paese (e che, per inciso, procurerebbe lavoro a milioni di persone), cioè la bonifica e la messa in sicurezza dei territori devastati dalla speculazione.