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Negoziati falliti tra Governo congolese e rivelli

Negoziati falliti tra Governo congolese  e rivelli - Pierluigi Natalia

 

Nord Kivu

  

senza pace

  

21 ottobre


 

È stata ancora una volta frustrata la speranza di pace nel Nord Kivu, l'insanguinata provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo dove alle immense ricchezze minerarie delle sue colline fa riscontro una diffusa povertà degli abitanti e una costante violazione dei diritti umani. Del resto, le popolazioni di quelle colline, tra l'altro di struggente bellezza, ci sono abituate. Da quelle parti, infatti, non si è mai consolidata la pace sottoscritta nel 2003 dopo cinque anni di conflitto congolese, che non a caso venne chiamato la prima guerra mondiale africana, sia perché oltre alle varie fazioni locali vi parteciparono truppe regolari di altri sei Stati, sia per gli interessi, più o meno confessati, di grandi potenze e multinazionali.

L'ultima picconata agli sforzi di pace l''ha data il fallimento dei negoziati tra il Governo congolese e i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23) ripresi in settembre nella capitale ugandese Kampala dopo diversi mesi di sospensione. «Speravamo di trovare una soluzione che migliorasse le condizioni di vita e l’avvenire sulle colline del Kivu. Devo annunciare che purtroppo non è stato così e che non abbiamo trovato degli interlocutori determinati come noi ad arrivare ad un accordo», ha detto al termine dei colloqui il ministro degli Esteri di Kinshasa, Raymond Tshibanda. Da parte sua, Roger Lumbala dell’M23 ha detto che la delegazione governativa non ha accettato di ammetterlo ai colloqui perché avrebbe “insultato “ il presidente Joseph Kabila. Lumbala ha detto infatti di sostenere Etienne Tshisekedi, capofila dell’opposizione e candidato alle presidenziali del 28 novembre 2011, vinte da Kabila, di cui si è sempre rifiutato di riconoscere l’esito.

In un comunicato diffuso oggi, gli inviati speciali dell'Onu, dell'Unione africana e dell'Unione europea – presenti a Kampala in questi giorni – hanno ribadito la richiesta ai ribelli di fermare ogni forma di violenza e disarmare le proprie milizie, in modo da consentire una ripresa del dialogo. Nelle ultime settimane le associazioni della società civile e dei rifugiati di guerra hanno accusato l’M23 di rafforzare le proprie posizioni nella regione, teatro del conflitto. Di contro, la scorsa settimana, il presidente dell’M23, Bertrand Bisimwa, aveva accusato l’esercito congolese di «compromettere i negoziati con atti di guerra contro le nostre posizioni». Le dichiarazioni di Bisimwa avevano seguito di alcune ore scaramucce tra le due parti, segnalate nella notte tra lunedì e martedì scorsi nella località di Kanyamahoro, a trenta chilometri dal capoluogo Goma. Sull’accaduto ci sono versioni contraddittorie. L’M23 afferma di essere stato attaccato da soldati congolesi che avrebbero preso il controllo di due posizioni ribelli. Il portavoce dell’esercito, il colonnello Olivier Hamuli, ha invece sostenuto che l’M23 avrebbe tentato un assalto notturno, respinto dai soldati di Kinshasa. Dall’inizio si settembre, quando appunto erano ripresi i colloqui a Kampala, era già il secondo combattimento segnalato tra le due parti.

Lo scoglio sul quale la giù di per se malconcia nave dei negoziati è andata a infrangersi sembra essere stato comunque il nodo dell’amnistia ai ribelli. La settimana scorsa, i mediatori dell'iniziativa degli Stati dei Grandi Laghiavevano presentato la terza versione di una bozza di accordo. Vi si prevedeva un’amnistia e dell’inserimento dei combattenti dell’M23 nell’esercito regolare. Si sarebbe trattato, cioè di ripristinare gli accordi del 2009, quando — appunto il 23 marzo — gli allora ribelli del Consiglio nazionale per la difesa del popolo, accettarono di deporre le armi e vennero incorporati nell’esercito, salvo poi disertare in massa, accusando il Governo di Kinshasa di violazione dei patti sottoscritti, e riprendendo la guerra nel maggio del 2012. Adesso, il Governo di Kinshasa non sembra disposto a ripetere l'esperienza.

Non si tratta, in ogni caso, solo di una questione interna. Le guerre in quell'area non sono quasi mai solo guerre civili. Da tempo, il Governo di Kinshasa accusa quello di Kigali, ma anche quello di Kampala, di sostenere la ribellione. Accuse, oltretutto, confermate dai rapporti dell'Onu, che nella Repubblica Democratica del Congo schiera da anni la Minusco, la sua più nutrita missione di caschi blu. Tra l'altro, nei mesi scorsi, il Consiglio di sicurezza ha approvato l'invio, per rinforzarla, di una brigata di intervento rapido con lo specifico mandata di rendere inoffensivi i ribelli. Ancora qualche giorno fa, il governatore provinciale, Julien Paluku, ha denunciato l’arrivo sospetto a Kibumba di un’ottantina di giovani provenienti dal Rwanda, che sarebbero stati portati al campo di addestramento dell’M23 a Rumangabo. Anche le organizzazioni della società civile del Nord Kivu hanno inviato un memorandum al presidente Kabila e all’Assemblea nazionale di Kinshasa per segnalare «l’arrivo di militari rwandesi e ugandesi a Rusthuru, Masisi e Nyiragongo». Ha destato interrogativi e preoccupazione anche il recente arrivo a Rutshuru di duecento famiglie di origine rwandese che, secondo Paluku, potrebbero costituire rinforzi a sostegno della ribellione. L’M23 ha invece sostenuto che si tratta di rifugiati congolesi in Rwanda desiderosi di rientrare in patria.

Sul tutto incide la volontà di molti (quasi mai congolesi, che in questi casi fanno da pedine di partite giocate altrove) di garantirsi il controllo delle risorse minerarie di quella zona, strategiche nell'economia contemporanea, come il coltan, la lega naturale di columbio e di tantalio, che fornisce elementi indispensabili all'industria più avanzata di tutto il mondo. Il columbio, chiamato anche niobio, è utilizzato per assemblare componenti della tecnologia spaziale perchè ha la caratteristica di raggiungere la fusione a temperature elevatissime, mentre in lega con il titanio risulta tra i migliori superconduttori conosciuti. Il tantalio è invece utilizzato nella componentistica interna di gran parte degli strumenti elettronici, dai telefoni cellulari ai videogiochi.

Del resto, la ricchezza del Paese — fossero gli schiavi dell’epoca della penetrazione occidentale od oggi il coltan — è sempre stata una sorta di maledizione nella storia congolese, dato che ne hanno beneficiato colonizzatori o invasori stranieri e dirigenze politiche locali quasi sempre depredatorie. Sulle popolazioni si è riversato ben poco di questa ricchezza e le condizioni per i traguardi veri di sviluppo, prima tra tutte la pace, non hanno mai trovato effettiva attuazione.