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Nuove accuse a Damasco

Nuove accuse a Damasco - Pierluigi Natalia

 

Armi (chimiche)

di propaganda

 

 

8 maggio 2015

 

Suscitano dubbi – e qualche sospetto di propaganda – le notizie diffuse oggi sul fatto che il Governo siriano non avrebbe effettivamente consegnato alla comunità internazionale il suo intero arsenale di armi chimiche, dando completo seguito all'impegno preso nell'agosto del 2013. Come noto, all'epoca proprio l'accusa di aver usato armi chimiche a Ghouta, un sobborgo di Damasco occupato dai ribelli – accusa comunque mai dimostrata - fece incombere la minaccia di un intervento armato statunitense. In seguito, l'Onu e l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) avevano certificato la consegna dell'arsenale siriano.

Oradall'Aja, dove ha sede l'Opac, emerge un rapporto, finora riservato, nel quale i tecnici dell'organizzazione affermerebbero di aver trovato, tra dicembre e gennaio, dei cosiddetti precursori, le sostanze chimiche di base per creare i letali gas nervini Sarin e Vx. La scoperta sarebbe stata fatta in un centro di ricerca militare tenuto segreto, parte della rete dello Scientific Studies and Rsearch Center siriano, dietro il quale si è celato in passato il programma di armi chimiche di Damasco. Secondo fonti dell'Opac citate dalle agenzie di stampa internazionali, il Governo di Damasco «non è stato in grado di fornire una giustificazione soddisfacente a questa nuova scoperta».

Le accuse trovano credito soprattutto a Washington. Secondo quanto riferisce il quotidiano «The Wall Street Journal», il rappresentante statunitense all'Opac, Robert Mikulak, ha citato «regolari sequenze» di informazioni sull’uso di cloro come arma chimica. Il vice segretario di Stato, Antony Blinken, e la rappresentante all'Onu, Samanta Power, ritengono a loro sua volta «solidi e credibili» i resoconti in merito dell'opposizione siriana.

Le nuove accuse sull'uso di armi chimiche mosse a Damasco arrivano poche ore dopo la conferma che nel nord della Giordania militari statunitensi hanno incominciato l'addestramento dei ribelli siriani, nell’ambito di un programma che prevede il loro impiego sul campo contro il cosiddetto Stato islamico (Isis). Diversi osservatori, comunque, sottolineano come i ribelli in questione abbiano sempre ritenuto il loro principale nemico il Governo del presidente Bashar Al Assad. In merito, notizie riportate con evidenza dalla stampa turca, ma prive di conferme ufficial, e anzi smentite oggi dal Governo di Ankara, parlano di un accordo raggiunto tra Turchia e Arabia Saudita per fornire un sostegno logistico ed economico ai gruppi che si battono contro il Governo siriano.

Di certo sembra esserci una sorta di ripensamento delle novità trapelate nei mesi scorsi riguardo alla politica statunitense sulla Siria e avallate indirirettamente dal fatto che ai nuovi colloqui a Ginevra avviati dall'inviato dell'Onu, l'taliano Staffan de Mistura, sia stato invitato l'Iran, principale alleato di Damasco, coinvolto per la prima volta in un'iniziativa diplomatica dell'Onu sul confòlitto siriano che si protrae da oltre quattro anni. Nelle scorse settimane, era stato lo stesso segretario di Stato americano, John Kerry, a dire che è necessario «parlare con Al Assad». Fino ad allora, infatti, il Governo di Washington aveva sempre sostenuto che il presidente siriano ha perso legittimità e che il percorso di pace è legato al suo abbandono del potere. La dichiarazione di Kerry, nonostante successive puntualizzazioni, resta comunque significativa, se non altro pe l’irruzione nel contesto siriano, da quasi un anno a questa parte, dell'Is. La coalizione internazionale guidata da Washington opera infatti in Iraq in sintonia con il Governo di Baghdad, mentre i raid in Siria a giudizio di molti osservatori non hanno piena legittimazione, sia perché manca un mandato delle Nazioni Unite sia appunto perché non c’è coordinamento con il Governo di Damasco.

Gli Stati Uniti sembravano quindi aver preso atto della necessità di rilanciare un processo politico e negoziale che implica un confronto con Damasco e quindi con Al Assad, finora escluso da Washington in ogni ipotesi di transizione siriana. Ora il vento sembra cambiato, al punto da far sospettare che una definitiva sconfitta dell'Isis non sia più la massima priorità.