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Calo di attenzione sul conflitto siriano

Calo di attenzione sul conflitto siriano - Pierluigi Natalia


Crisi scaccia crisi

  

(sui giornali)

 

  

25 marzo 2014

 

Come accade quasi sempre, l'insorgere di una nuova crisi cancella quelle precedenti e non risolte dalle prime pagine, se non dai radar della diplomazia internazionale. E intanto le crisi incancreniscono e i conflitti all'apparenza dormienti registrano nuove recrudescenze. Sta accadendo, per esempio, nel Darfur, la regione occidentale sudanese teatro dal febbraio del 2003 di una guerra civile che soprattutto nei primi anni ha provocato trecentomila morti e una gigantesca emergenza umanitaria, con tre milioni di profughi. Accade in Iraq, in Afghanistan e in tanti teatri di crisi, soprattutto africani, ma non solo. E ora, la crisi in Ucraina sta provocando lo stesso effetto su quella siriana.

Eppure, negli ultimi giorni S’intensificano si sono intensificati gli scontri tra esercito siriano e ribelli nella zona di confine con la Turchia e a preoccupare è anche il palese aumento della tensione tra il Governo turco del primo ministro Recep Tayyip Erdoğan e quello siriano del presidente Bashar Al Assad, che accusa il Paese vicino di di sostenere con i suoi carri armati e l’artiglieria, in quello che definisce un appoggio militare senza precedenti e ingiustificabile. Domenica scorsa, oltre all'abbattimento di un caccia siriano da parte della contraerea turca – secondo Damasco il velivolo si trovava nello spazio aereo siriano, mentre secondo Ankara aveva violato quello turco – si sarebbe rischiato un incidente analogo a parti invertite. L'aviazione di Ankara ha ha riferito che sistema antimissile siriano ha tenuto sotto mira un suo aereo F-16 per circa quattro minuti e mezzo mentre era in volo sulla provincia frontaliera turca di Hatay. I militari turchi non hanno chiarito se l'episodio sia stato precedente o successivo all’abbattimento del caccia siriano.

              I combattimenti nell'area stanno rallentando le operazioni di consegna dell’arsenale chimico siriano concordato dal Governo di Damasco con l'Onu e con l'Organizzazione per la prevenzione delle armi chimiche (Opac). Proprio nel porto di Latakia, capoluogo dell'omonima provincia mediterranea, si svolgono infatti le operazioni di carico di questo tipo di armamenti sui cargo che li portano verso la distruzione fuori dalla Siria, operazioni al momento bloccate. Sulla questione è intervenuto ieri il segretario di Stato americano, John Kerry, dopo un incontro con Ahmet Üzümcü, il direttore dell'Opac, a margine del vertice all'Aja sulla sicurezza nucleare all’Aja. Secondo Kerry, il disarmo chimico siriano è stato completato per metà, ma Damasco non ha rispettato la scandenza del 15 marzo per la consegna completa dell'arsenale. Parere diverso si è detto il ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov, che ha incontrato a sua volta Üzümcü: «Le operazioni si sviluppano in modo abbastanza soddisfacente - ha detto -. Abbiamo tutte le ragioni per credere che i tempi saranno rispettati e tutte le armi chimiche saranno rimosse entro la metà dell’anno».