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Fallito il tentativo di negoziato tra Addis Abeba e i ribelli della regione

Fallito il tentativo di negoziato tra Addis Abeba e  i ribelli della regione - Pierluigi Natalia

Pace negata

  

anche ai somali

  

dell'Ogaden

  

  

20 ottobre 2012


di Pierluigi Natalia

Sembra già fallito il tentativo di restituire la pace all’Ogaden, la regione dell’Etiopia a maggioranza di popolazione somala dove si protrae da quarant’anni, con diverse fasi e intensità, il conflitto tra l’esercito governativo e gli indipendentisti, che nel 1984 si organizzarono nel Fronte di liberazione nazionale dell’Ogaden (Onlf). Un tentativo di negoziato tra il Governo di Addis Abeba e l’Onlf, incominciato in settembre con la mediazione del Kenya, si è già interrotto senza esito. Le delegazioni delle due parti si sarebbero dovute incontrare a fine ottobre appunto in Kenya, ma i leader del movimento ribelle hanno dichiarato che non esistono i presupposti per il raggiungimento di un accordo. A determinare la rottura, almeno stando alle dichiarazioni diffuse, sarebbe stata la richesta di Addis Abeba che i ribelli accettino come precondizione allo svolgimento dei negoziati la sottoscrizione della Costituzione dell’Etiopia. In altre parole, un modo per non negoziare proprio, dato che la Cosatituzione stabilisce non solo l'inviolabilità del territorio, ma anche la titolarità del Governo a esprimervi piena sovranità. Il movimento indipendentista chiede invece da anni il diritto all’autodeterminazione del popolo ogadeni e che sulla Costituzione si tenga un referendum nella regione.«Abbiamo lottato contro gli etiopi dal 1984 e la Costituzione è stata adottata nel 1994. Quindi non siamo costretti a riconoscerla», ha detto uno dei leader dell’Onlf in una intervista rilasciata al periodico Africa Report.

L’interruzione del tentativo negoziale suscita preoccupazione in molti osservatori, oltre che nella dirigenza kenyota, alle prese con diverse crisi legate alla questione somala nelle sue diverse accezioni. E si tratta di una preoccupazione comprensibile: i colloqui mediati dal Governo di Nairobi erano stati infatti salutati come l’iniziativa più significativa di sempre per porre fine al conflitto. In particolare, l’apertura alla trattativa con i ribelli dell’Ogaden fatta dal nuovo primo ministro dell’Etiopia, Hailemariam Desalegn, aveva costituito una novità sostanziale rispetto alle politiche militari repressive applicate dal suo predecessore Meles Zenawi, morto lo scorso 20 agosto dopo essere stato ininterrottamente al potere in Etiopia per oltre vent’anni. Nel 2006 Meles aveva anche costituito una specifica milizia autoctona per combattere la ribellione. L’anno

dopo la crisi, sostanzialmente ignorata per decenni dai grandi circuiti d'informazione internazionali – con le solite eccezioni della stampa cattolica in genere e missionaria in particolare – era balzata improvvisamente aglionori della cronaca per un attacco alle installazioni petrolifere gestite nella regione da compagnie cinesi, nel quale furono uccisi 76 lavoratori, sei appunto cinesi e il resto locali. Il tutto a conferma che tra le cause principali della tragedia delle popolazioni somale, sotto qualunque autorità si ritrovino, è costituita dagliinteressi internazionali sul petrolio sul quale letteralmente galleggiano i loro territori.

Né si può sottovalutare il fatto che il negoziato con l’Onlf poiteva rivelarsi anche un precedente importante per tutti gli altri conflitti interni dell’Etiopia, dove non mancano certo le spinte secessioniste. In diverse regioni, infatti, operano gruppi armati come il Fronte di liberazione Oromo, nel sud; il Movimento democratico del popolo Tigray, nella regione di Asmara; il Fronte di liberazione di Gabela e il Movimento di liberazione Benishangun, nell’ovest; il Movimento di liberazione Afar, nel nord est. A questi si aggiunge il Ginbot 7, presente in tutto il territorio e finanziato dalla diaspora etiope negli Stati Uniti.