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Il dibattito su pandemia e lavoro nero

Il dibattito su pandemia e lavoro nero - Pierluigi Natalia

 

 

Immigrati nella

discriminazione

 

8 maggio 2020

 

Sulla questione dell'immigrazione il confronto politico interno alla maggioranza di governo - in questo momento le note posizioni dei partiti d'opposizione non hanno rilievo se non indirettamente - mi conferma purtroppo come vada già derubricata a ingenua speranza l'idea che la pandemia di Covid-19 potesse rivelarsi una lezione importante. Potesse addirittura prefigurare una globalizzazione diversa da quella finora imposta da una finanza pervasiva e predatoria. Potesse convincere della necessità di una mondializzazione dei diritti e dei doveri, di dar vita a una nuova società della cura, con al centro i bisogni degli individui, la difesa dei soggetti più fragili ed esposti, la salute collettiva.

Non so cosa emergerà dal decreto che si sta discutendo proprio mentre scrivo, ma certo le posizioni iniziali mostrano tutte, quale più quale meno, corto respiro, se si discute in sostanza se fare una sanatoria di tre mesi per i migranti erregolari già presenti in Italia comprendendovi un po' tutti o se, come chiede il partito di maggioranza relativa, o se varare una misura, sempre temporanea per i soli braccianti agricoli, indispensabili per quella filiera economica. Ma comunque senza andare al nocciolo del problema, cioè al lavoro nero dal quale derivano - oltre a criticità sociali che invece di cavalcare per miserabili calcoli politici andrebbero sanate con misure di reale integrazione - le condizioni spesso inaccettabili dei braccianti che oggi raccolgono i prodotti destinati alle nostre tavole, tipo le baraccopoli in cui sono costretti a vivere, luoghi insalubri e indecenti, agli antipodi del valore stesso dei diritti umani.

Meno di cinque mesi fa, Il 18 dicembre 2019, prima che scoppiasse la pandemia del Covid-19, si era celebrata la Giornata internazionale per i diritti delle persone migranti, istituita nel 2000 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Era stata un'occasione di importante riflessione su tutti gli aspetti della migrazione che hanno un impatto importante, per chi migra e per le società di accoglienta (espressione troppo spesso palesemente ipocrita). Poi la pandemia aveva spinto molti, come detto, a riconsiderare il modello di sviluppo attuale - che non è progresso perché accentua le discriminazioni e amplia miseria e conflitti , per inciso le due cause delle migrazioni. Ma sembra che questa riflessione, magari dettata solo dalla paura per un virus, abbia già lasciato il campo a quelle sui modi e sui tempi per ripartire affinche tutto torni come prima.

Sull'argomento di questo articolo, aldilà delle considerazioni di giustizia edi umanità comunque prioritarie, sarebbe una solenne stupidagine e l'ennesima occasione perduta, per miopia se non per interessi incoffensabili. Una sanatoria vera - e una revisione profonda delle leggi in materia di migrazione, cancellando soprattutto quelle sciagurate introdotte in questa legislatura - in questa fase di particolare crisi sarebbe una misura di equità e favorirebbe, nell'immediato e in prospettiva, la lotta al caporalato e allo sfruttamento degli immigrati irregolari, cioè a un cancro del Paese, non solo e forse neppure in modo preminente nel Sud.