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Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata del 1° gennaio 2016

I verbi della Pace

 

Natale 2015 e capodanno 2016

Ci sono termini che richiamano alla lotta - alla fatica del raggiungimento di obiettivi da difendere ogni giorno e sui quali ogni giorno non distrarsi – nel messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2016. «Vinci l’indifferenza e conquista la pace» è il tema di questa 49ª Giornata, la terza che vede Bergoglio nel ministero petrino. Vinci, conquista. Parole che siamo abituati ad accostare più alla guerra, alla competizione. Parole che hanno un significato spesso travisato anche nel linguaggio religioso.

Restano però parole importanti, verbi da tenere presenti. Ma dobbiamo declinarli in forma riflessiva. Vincerci costantemente nella nostra tentazione di indifferenza. Conquistarci costantemente alla causa della pace. Perchè la conquista della pace non è un punto d'arrivo, è un cantiere sempre aperto. O per ricorrere a una metafora meno abusata, è una coltivazione da curare sempre, senza farsi abbattere dai casi di raccolto perduto, rispettando la natura del terreno che si lavora per scongiurare che i veleni di diverso tipo finiscano per renderlo improduttivo.

Soprattutto dovremmo imparare che la pace va pensata al plurale. Proprio questo, l'idea cioè che la pace non è tale se non è per tutti, lega questa successione di Gionate, questa storia di mezzo secolo, questi appuntamenti che Paolo VI istituì all'indomani del Concilio Vaticano II e volle celebrati nel primo giorno di ogni anno. Non di ogni anno liturgico, va sottolineato, ma di ogni anno secolare. Perchè la pace sulla quale queste Giornate ci invitano a riflettere non è solo quella lascito del Signore, che giustamente ricordiamo nella liturgia. È quella che costruiamo con tutti e per tutti gli altri esseri umani.

Nel messaggio del 2014, il Papa ci aveva detto che fondamento e via della pace è la fraternità. In quello del 2015 ciaveva invitato a incamminarci lungo una strade che porta a non essere più schiavi, ma fratelli. E anche questa fratellanza ha un valore antropologico, peculiarmente umano e segnatamente politico, prima ancora che ecclesiale. Del resto, il messaggio del Papa per questa giornata viene inviato alle cancellerie di tutto il mondo e traccia anche la linea diplomatica della Santa Sede per l’anno che si apre. Si potrebbe dire che è lo scenario generale nel quale il Papa iscrive le priorità e le situazioni particolare che pochi giorni dopo tratterà nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

Papa Francesco, che definisce quella della nostra contemporaneità una “guerra mondiale a pezzi”, sa bene che bisogna sconfiggerla pezzo per pezzo. E continuare lo sforzo senza scoraggiarsi o estraniarsi. Di qui,la denuncia dell'indifferenza nei confronti delle piaghe del nostro tempo come una delle cause principali della mancanza di pace nel mondo. Un'indifferenza che certo accompagna le responsabilità politiche, le scelte dei “grandi di questo mondo”, ma che riguarda ciascuno, legata come è a diverse forme di individualismo che producono isolamento, ignoranza, egoismo e di conseguenza disimpegno.

Ma non ciascuno allo stesso modo. Nell'epoca della globalizzazione, diritti e giustizia, coscienza politica e solidarietà sono tutt'altro che globalizzate. Anzi, a un aumento smisurato di informazioni – ma anche di disinformazione, spesso volutamente indotta – non sembra corrispondere una pratica di maggiore attenzione ai problemi, per non parlare di un'educazione delle coscienze in senso solidale. L'altro, il diverso, il lontano, è anzi sempre più additato come nemico.

E non è un caso l'insistenza con la quale il messaggio di questa Giornata chiama in causa soprattutto le cosiddette agenzie educative, a partire dalla famiglia e dalla scuola, a tutti gli insegnanti, i formatori, gli operatori culturali e dei media, gli intellettuali e gli artisti. Perchè vincere la sfida dell'indifferenza è un lavoro collettivo. Perchè conquistare e conquistarsi la pace non è possibile senza accettare e sollecitare dialogo e confronto, senza una creatività umile che riconosca il contributo essenziale dell'altro.

Di fronte a tanti che praticano l'antico trucco di chi vole il potere per il potere, non per servire, ma per servirsi degli altri – metti paura e indica un nemico - è infatti necessario un lungo e costante, certo difficile, ma irrinunciabile lavoro di sensibilizzazione e di formazione alla responsabilità della pace, di quella pace che è indissolubile dalla giustizia.

Vale anche per quanto riguarda le diverse forme di terrorismo, compresa quella blasfema dei fondamentalismi religiosi. C'è un'acqua di ingiustizia globale nella quale trovano alimento blasfemo il fondamentalismo e i suoi massacri, le persecuzioni a causa della fede e dell’etnia, le violazioni della libertà e dei diritti dei popoli, lo sfruttamento e la schiavizzazione delle persone, la corruzione e il crimine organizzato, le guerre e il dramma dei rifugiati e dei migranti forzati. Senza far maturare una cultura della cooperazione e del dialogo non ci saranno reazioni costruttive a questi mali. L'educazione alla legalità passa dall'affermazione dei diritti umani, dal riconoscimento che l'altro ne è titolare e portatore come noi.

In continuità con i messaggi precedenti, Papa Francesco sollecita a contrastare giorno per giorno l’indifferenza verso le forme di schiavitù presenti oggi nel mondo, ricordando che la pace è possibile solo nel rispetto e nel riconoscimento del diritto di ogni essere umano secondo libertà e secondo giustizia. È il sudore quotidiano dei lavoratori nei cantieri e nei campi dove si costruisce e si coltiva la pace quello che Bergoglio ci invita a spargere. Né certo il raccolto può essere misurato in termini di prodotto interno lordo. Quello si fa anche, anzi soprattutto con la guerra e con altre attività non proprio commendevoli, compreso il massacro della terra, madre comune, con l'abuso dissennato delle risorse naturali. I dividendi della pace si misurano intermini di sviluppo umano.