I tanti bambini non accompagnati che lasciano la loro patria per sfuggire alla povertà e alla violenza sono «una categoria di migranti che dal Centroamerica e dal Messico attraversano la frontiera con gli Stati Uniti d’America in condizioni estreme, in cerca di una speranza che la maggior parte delle volte risulta vana. Essi aumentano di giorno in giorno. Tale emergenza umanitaria richiede, come primo, urgente intervento, che questi minori siano accolti e protetti». Sono parole di Papa francesco nel messaggio indirizzato ai partecipanti al «Colloquio Messico - Santa Sede su mobilità umana e sviluppo» tenuto ieri nella capitale messicana per iniziativa del ministero degli Affari esteri e dell’Ambasciata del Messico presso la Santa Sede e aperto da un intervento del segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Il Papa avverte comunque che tali misure non saranno sufficienti se non accompagnate da politiche di informazione circa i pericoli di tali viaggi «e soprattutto di promozione dello sviluppo nei loro Paesi di origine».
Nelle stesse ore, gli Stati Uniti hanno avviato i rimpatri di decine di immigrati privi di documenti, tra cui diversi bambini, che erano arrivati nelle scorse settimane da Messico, El Salvador, Guatemala e Honduras. Il presidente Obama aveva chiesto al Congresso finanziamenti per quattro miliardi di dollari per affrontare l'ondata migratoria aumentata quest'anno, facendo riferimento in particolare proprio all'esigenza di tutelare i bambini. Al momento, però, sembra prevalere ancora una volta la posizione del respingimento, cara ai repubblicani, maggioritari al Congresso.
Alla questione dei flussi migratori dal a Centroamerica verso nord sarà dedicata domani e dopodomani una conferenza internazionale in Honduras — su iniziativa del Governo locale e dell’Unicef — e alla quale è prevista la partecipazione dei rappresentanti dei Paesi interessati e di diversi organismi delle Nazioni Unite. Nel corso dell’incontro, almeno secondo le intenzioni, si cercherà — come ha oggi auspicato il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, José Miguel Insulza — di individuare strumenti comuni per rispondere alla nuova sfida dei bambini che emigrano da soli, spesso alla ricerca dei loro familiari.
Al confine terrestre meridionale degli Stati Uniti accade in pratica, sia pure in misura relativamente ridotta, quanto si registra da mesi in Mediterraneo, con centinaia di migliaia di persone che cercano di arrivare in Europa per sfuggire alla guerra e alla fame. E anche in Europa – e in Italia, Paese di prima linea in questa vicenda – sembrano talora prevalere le posizioni di quelle forze politiche che considerano al rango di invasori persone tanto sfortunate. Ne offrono un esempio quelle forze politiche italiane che contestano una delle poche cose buone fatte dal Paese nell'ultimo anno, cioè l'operazione Mare nostrum per i soccorsi in Mediterraneo. Soccorsi che hanno certo contenuto una tragedia immane, segnata ancora oggi dall'ennesimo naufragio. Navi italiane hanno tratto in salvo dodici superstiti di un gommone carico di migranti e profughi che si è rovesciato a quaranta miglia al largo delle coste libiche. Non è chiaro al momento quante persone fossero a bordo dell’imbarcazione, ma si teme purtroppo un numero elevato di morti, anche se al momento in cui questo articolo viene scritto è stato recuperato un solo corpo. Il gommone, semiaffondato, è stato individuato dal mercantile turco Seyit Ali, che ha subito allertato le navi italiane impegnate nell’operazione Mare nostrum.