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Impegno dei Paesi del G77

Impegno dei Paesi del G77 - Pierluigi Natalia

  

Contro miseria

  

e diseguaglianza

  

16 giugno 2014

 

Mentre l'agenda del Consiglio di sicurezza dell'Onu si concentra, tra gli abituali veti reciproci, sulle situazioni di conflitto nel mondo, soprattutto in Medio Oriente e in Africa Africa, a Santa Cruz, in Bolivia, si è tenuto il vertice del G77 dedicato, nel cinquantesimo di fondazione del gruppo, a quelle che della guerra sono le principali cause, cioè miseria e diseguaglianza, così come la vendita delle armi ne è il principale scopo.

Il G77 è un'organizzazione intergovernativa creata appunto nel 1964 da 77 Stati nell'ambito delle Nazioni Unite, in manifesta alternativa al G7, il gruppo dei Paesi più industrializzati (Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti). Contrariamente al G7, diventato G8 quando vi fu cooptata la Russia (oggi peraltro sospesa in seguito alla crisi in Ucraina), il G77 ha conservato la sua denominazione anche se oggi vi aderiscono 133 Paesi tra membri effettivi e associati (l'ultima è entrare è stata Cina) e costituisce di conseguenza è il gruppo più vasto di Paesi delle Nazioni Unite, un gruppo che «svolge un ruolo fondamentale per raggiungere gli obiettivi del Millennio» come ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha presieduto i lavori del summit a Santa Cruz.

Al chiusura dell'Incontro è stata diffusa una Dichiarazione con l'appello a sradicare la povertà nel mondo entro il 2030. «Debellare la povertà è la grande sfida che deve affrontare il mondo e la condizione indispensabile per lo sviluppo durevole», afferma il testo letto dall’ambasciatore boliviano presso le Nazioni Unite, Sacha Llorenty. A giudizio dei presidenti, capi di Governo e ministri che l'hanno approvata, la Dichiarazione di Santa Cruz deve costituire appunto un riferimento per l’Onu in vista delle definizione di nuove strategie dopo la scadenza, nel 2015, degli Obiettivi di sviluppo del millennio.

Nel documento è centrale il tema della lotta alla povertà e alle disuguaglianze, una lotta che è soprattutto politica e antropologica, ma anche al sistema economico e finanziario oggi dominante. La “cultura dello spreco” può portare infatti allo “sviluppo materiale” ma non allo “sviluppo umano”, come ha sintetizzato il presidente dell’Uruguay, José Mujica.

A questo scopo, la Dichiarazione fa riferimento a nuovi impegni contro le disuguaglianze, la protezione dell’ambiente e la sovranità dei Paesi sulle loro risorse naturali ed evocato anche l’allargamento del Consiglio di sicurezza dell’Onu, tutti temi già discussi in precedenza nel Palazzo di Vetro a New York durante più di novanta ore di negoziati e trenta sedute di lavoro e che «esprimono la volontà dei 133 Paesi del gruppo», come ha aggiunto il diplomatico. Del resto,

summit a Santa Cruz.

Dal canto suo, il presidente boliviano, Evo Morales, ha insistito sulla necessità di prendere misure immediate. «Il destino di milioni di poveri e lo stato del pianeta — ha detto — dipende dal successo del nostro lavoro». Morales ha ricordato che i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina che compongono il G77 «rappresentano il 77 per cento della popolazione mondiale, ma anche il 43 per cento dell’economia mondiale». Grandi assenti al vertice in Bolivia sono stati la presidente del Brasile, Dilma Rousseff, quella del Cile, Michelle Bachelet, e il quello appena rieletto della Colombia, Juan Manuel Santos.