Il Nobel per la Pace assegnato all'Opac, l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, è un esempio di come sia la cronaca, spesso drammatica, a determinare le scelte del comitato di Oslo che assegna il premio (gli altri sono invece decisi dal comitato di Stoccolma). L'avvio della missione congiunta con l'Onu in Siria è stato infatti determinante per la decisione: «I recenti eventi in Siria, dove le armi chimiche sono state ancora usate, hanno sottolineato la necessità di rafforzare gli sforzi per mettere al bando queste armi», si legge nella motivazione comunicata da Thorbjørn Jagland, il presidente del comitato. Janglad, tra l'altro, ha sottolineato che due superpotenze, Stati Uniti e Russia, non hanno ancora ultimato la distruzione dei loro arsenali chimici. Alcuni Stati, ha detto, «non hanno osservato la scadenza, che era aprile 2012, per la distruzione delle loro armi chimiche. E questo si applica specialmente agli Stati Uniti e la Russia».
Alcuni osservatori, in considerazione del fatto che la situazione in Siria è tutt'altro che già sotto controllo, ritengono che anche in questo caso si tratti di una sorta di premio sulla fiducia, come avvenuto in altre occasioni in conferimenti sia a organizzazioni sia a persone. L'esempio più recente è quello di Barack Obama, premiato nel 2009, a meno di un anno dalla sua elezione alla presidenza degli Stati Uniti, di fatto sulla base del suo programma elettorale che non aveva potuto nemmeno avviare.
In questo caso, però, si tratta di un giudizio eccessivamente critico. È vero che la missione in Siria è stata la spinta, ma la decisione ha tenuto conto anche di fatti concreti. La notizia ha raggiunto i rappresentanti dei 41 Stati membri del comitato esecutivo dell'Opac mentre erano in riunione. «Per anni abbiamo fatto il nostro dovere contribuendo alla pace del mondo. Le ultime settimane hanno dato ulteriore impulso alla nostra missione. Accetto con umiltà il premio e con voi mi impegno a continuare a lavorare con immutata determinazione», ha dichiarato il direttore generale dell’organizzazione, il turco Ahmet Üzümcü. I dati, almeno a livello macroscopico, sembrano dargli ragione. L’attività dell’organizzazione è cominciata nel 1997 e ha permesso la distruzione di 57.000 tonnellate di armi chimiche, in gran parte appartenenti a Stati Uniti e Russia dai tempi della guerra fredda. L’Opac, che non fa parte della struttura dell'Onu, con la quale ha però stretto dal 2000 un rapporto di collaborazione organica, ha effettuato inoltre 5.167 ispezioni sul territorio di 86 Paesi. Circa l’81 per cento delle armi chimiche dichiarate sono state distrutte sotto la supervisione di questa organizzazione. Con la recente adesione della Siria alla Convenzione di Parigi, sono rimasti solo sei gli Stati che non fanno parte dell'Opac: Angola, Myanmar, Corea del Nord, Egitto, Israele e Sud Sudan, quest'ultimo, peraltro, esistente da appena due anni.