Home » Scritti da poco » Le tragedie nel Canale di Sicilia

Le tragedie nel Canale di Sicilia

Le tragedie nel Canale di Sicilia - Pierluigi Natalia

   

Sommersi

  

e salvati

  

  

11 ottobre 2013

C'è il titolo di un libro, “I sommersi e i salvati”, l'ultimo scritto da Primo Levi sulla tragedia dei campi di concentramento nel ventesimo secolo, che sembra perfetto per raccontare anche l'orrore delle condizioni di milioni di migranti e di profughi in questo avvio di millennio in Mediterraneo, in Europa, nel mondo. La tragedia di questo pomeriggio nel Canale di Sicilia, mentre ancora si cercano le vittime di quella di una settimana fa a Lampedusa, racconta infatti di infelici sommersi dai ritardi internazionali nelle politiche di aiuto e protezione prima ancora che dal mare e di altri sventurati salvati dall'impegno di tanti marinai. Per non parlare diquanto fatto da sempre dei cittadini di quell'estrema  frontiera dell'Europa che è Lampedusa.

Nel nuovo naufragio sono morte decine di persone, compresi donne e  bambini. Secondo la Marina italiana i naufraghi tratti in salvo sono  206  e le vittime recuperate 34. In precedenza, il Governo di Malta, dove sono stati portati gran parte dei superstiti, aveva parlato di 27 morti accertati. Tutti, però, concordano sul fatto che  il   tragico conteggio sia destinato ad allungarsi.  Sulla  nave militare italiana «Lybra» sono stati imbarcati 56  naufraghii,  circa altri 130 sono stati salvati da un pattugliatore della Marina maltese,  altri 15  da un motopeschereccio..  

Stavolta a Lampedusa ne sono arrivati vivi nove, portati da elicottero dei soccorritori. I corpi di altri 22, in gran parte donne e bambini, sono stati adagiati sul molo Favarolo, trasformato da una settimana a questa parte in una sconvolgente camera mortuaria all'aperto. Tra i superstiti c'è una famiglia di profughi siriani, padre, madre e un loro figlio piccolo. Un altro sembra essere tra i morti sul molo. In queste stesse ore, a conferma di una situazione spaventosa,sono stati soccorsi altri due barconi alla deriva: nel primo ci sono 150 persone di nazionalità presumibilmente siriana, segnalate da una nave cisterna non lontano dalla costa e che le motovedette della Capitaneria di porto di Lampedusa stanno conducendo a terra.  Il secondo natante,  con 85 persone in difficoltà, è  a un’ottantina di miglia marine  dall’isola. Anche in questo caso è intervenuta un’unità della Capitaneria di porto. 

Lampedusa è stordita dalla doppia ferita in una settimana. Il conteggio della strage  del 3 ottobre è arrivato stasera  a 339 vittime. La pilotina dei sommozzatori dei Vigili del fuoco ha trasportato a terra  28 morti tra i quali un bimbo di 4 o 5 anni,  recuperati al di fuori del barcone affondato, nel quale nopn risultano essercene ancora. Le ricerche proseguiranno domani, con  robot sottomarini, sonar e sommozzatori  a supporto. 

Donne e bambini sono due sostantivi che ricorrono spesso nelle cronache dei naufragi di questi giorni. Basta questo a spiegare che non si è in presenza di migrazioni alla ricerca di lavoro, sia pure irregolari. In questo caso, come accaduto sempre, sarebbero quasi esclusivamente uomini, partiti con la speranza di trovare una condizione migliore per poi inviare denaro a casa o, magari, farsi raggiungere dalle famiglie in un secondo momento. Esistono anche lavoratrici migranti, si pensi alle migliaia di badanti, ma non arrivano via mare. Quelle di questi giorni in Mediterraneo sono fughe dalla guerra, dalle stragi. Non sono viaggi della speranza, come si continua a scrivere, ma l'ultima risorsa di disperati. Soprattutto, sono viaggi di portatori di diritti. Nella guerra tra poveri alimentata dalla crisi economica, le leggi sull'immigrazione in molti Paesi europei sono degenerate dal piano amministrativo a quello penale, peraltro senza alcun esito di riduzione dei flussi. Ma in questo caso è in discussione un principio non negoziabile né ignorabile: il diritto d'asilo.