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Per Parigi e Londra responsabilità comunitarie della crisi a Calais

Per Parigi e Londra  responsabilità comunitarie della crisi a Calais - Pierluigi Natalia

 

L'Europa è sempre

qualcun altro

 

 3 agosto 2015

 

La situazione a Calais, in Francia, dove poche migliaia di profughi e migranti tentano da settimane di penetrare nel terminal dell'Eurotunnel, il collegamento ferroviario sotto la Manica, e di salire sui treni diretti in Gran Bretagna, spinge i Governi di Londra e di Parigi a chiamare in causa l'Unione europea. In una lettera scritta insieme i ministri dell’Interno britannico, Theresa May, e francese, Bernard Cazeneuve si legge che «questa situazione non può essere considerato solo un problema dei nostri due Paesi. È una priorità sia a livello europeo che internazionale. Molti di quanti a Calais stanno cercando di attraversare la Manica sono passati attraverso l’Italia, la Grecia o altri Paesi. Questo è il motivo per cui stiamo chiedendo agli altri Stati membri e all’intera Unione europea di affrontare questo problema alla radice». Secondo i due ministri si dovrebbe convincere che «le nostre strade non sono pavimentate d’oro» quanti tentano di raggiungere l'Europa per sfuggire a guerre, persecuzioni, fame.

Una dura critica al primo ministro britannico David Cameron per la sua «retorica che non aiuta» sulla questione dei richiedenti asilo e dei migranti irregolari ha mosso intanto Tevor Willmott, il vescovo anglicano di Dover, la prima città britannica sull'altra sponda della Manica. In dichiarazioni a «The Observer», il numero domenicale del quotidiano «The Guardian», il vescovo sostiene che Cameron e altri responsabili politici «hanno dimenticato la propria umanità», mentre alcuni mezzi di comunicazione «diffondono una tossicità» per istigare l’opinione pubblica contro questi sventurati.

Nei giorni scorsi, Cameron aveva aveva suscitato reazioni di sdegno, in patria e non solo, sia per l’annuncio dell’invio di cani da fiuto a Calais per scovare quanti tentano di introdursi nell’Eurotunnel, sia per aver parlato di «sciame di gente in arrivo dal Mediterraneo», anche se il suo ufficio aveva poi definito l’espressione priva di intenti offensivi.

Né la Gran Bretagna, che ha rifiutato di partecipare al piano europeo di distribuzione dei profughi per quote messo a punto dall’Unione europea, o la Francia, che ha bloccato la frontiera con l'Italia a Ventimiglia, sono gli unici Paesi dove si diffonde la tossicità della quale ha parlato il vescovo anglicano di Dover e che che spesso sfocia in “guerre tra poveri” cavalcata, se non direttamente fomentata, da forze politiche xenofobe, quando non dagli stessi responsabili istituzionali. L’ultimo vaso si è registrato nella Repubblica Ceca, dove da più parti sono state contestate le dichiarazioni rilasciate ieri dal presidente Milos Zeman, secondo il quale la prima cosa da dire a migranti e profughi è «Nessuno vi ha invitati». Zeman nei giorni scorsi aveva criticato la scelta del Governo di finanziare i centri di assistenza per i profughi.