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Su commercio e sicurezza regionale

Su commercio e sicurezza regionale - Pierluigi Natalia


L'Africa occidentale

 

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28 ottobre 2013


 

Il tentativo di dare risposte anche di tipo economico e commerciale alle varie crisi in atto nell'Africa occidentale, una regione segnata da diversi conflitti, ha improntato in settimana il vertice straordinario tenuto a Dakar, in Senegal, dai capi di Stato dei quindici Paesi dell'organismo regionale, appunto la Comunità economica degli Stati dell'Africaca occidentale (Ecowas, nell'acronimo in inglese, Cedeao in quello in francese). La principale decisione - che il presidente senegalese, Macky Sall, con una qualche enfasi ha definito storica - è stata la creazione di una Tariffa esterna comune (Tec) come tappa decisiva verso l’integrazione regionale in materia di dazi e dogane. La decisione arriva dopo quasi un trentennio. La Tec, infatti, era prevista fin dalla nascita dell'Ecowas-Cedeao, nel 1975. Nella convinzione di formare un blocco commerciale solido e competitivo, come si è espresso il presidente della Costa d'Avorio, Alassane Dramane Ouattara, i capi di Stato hanno affiancato alla Tec alcune misure di consolidamento, cioè una tassa di aggiustamento all’esportazione, una tassa complementare di protezione e un prelievo fiscale comunitario di integrazione. Al tempo stesso hanno avanzato proposte per per accelerare il negoziato, in stallo da anni, di Accordo di partenariato economico (Ape) regionale, che dovrà regolamentare gli scambi commerciali con l’Unione europea, sostituendo l'accordo di Cotonou, in vigore dal 2000.

 

Un rinnovato impegno, ma non ancora decisioni operative, è stato espresso sul progetto di creare in tempi brevi, sempre in chiave di integrazione, una seconda zona monetaria in Africa occidentale, dopo quella del franco africano comune, per integrare nell’Unione economica e monetaria dell'Africa occidentale (Uemoa) i sette Paesi che finora non ne fanno parte, in vista di una moneta unica dell'Ecowas-Cedeao nel 2015.

 

Gli otto Paesi membri dell’Uemoa hanno anche deciso, pur senza fornifere precisazioni, di istituire una politica comune di pace e sicurezza. Il vertice è stato infatti occasione per discutere, all'interno dell'Ecowas, ma anche con i rappresentanti della Comunità economica dell'Africa centrale (Ceac), di altri particolari, o meglio criminali tipi di commercio, cioè il traffico d'armi e quello di droga, che contribuiscono in modo determinante alla destabilizzazione della regione. L'ultimo attentato che ha colpito Tessalit, nel nord del Mali, è stato una sorta di promemoria del fatto che sia «necessario mettere i nostri sforzi e i nostri mezzi in comune per garantire una sicurezza migliore alla regione, dove i terroristi mantengono una certa capacità di destabilizzazione», come si è espresso il presidente del Niger, Mahamadou Issoufou.

 

Del resto, il traffico d'armi che si è diffuso in tutto il Sahel con la crisi libica del 2011, ha avuto un ruolo determinante in quella maliana esplosa l'anno seguente e, di fatto, tutt'altro che conclusa. In questo senso va letto anche il riferimento fatto da Issoufou al terrorismo, un termine generico nel quale si fa rientrare l'azione dei gruppi armati di matrice fondamentalista islamica. In Mali, all’insurrezione secessionista tuareg nel nord del gennaio 2012 e al colpo di Stato militare del marzo successivo, che aveva rovesciato il presidente Amadou Toumani Touré, era seguito l’intervento armato francese del gennaio scorso appunto contro i gruppi fondamentalisti islamici, come il Movimento per l’unicità e il jihad nell’Africa occidentale (Mujao) e Al Qaeda per il Magheb islamico (Aqmi), che avevano preso il controllo del territorio settentrionale. Sei settimane fa, intervenendo il 19 settempre alla cerimonia di insediamento del nuovo capo di Stato maliano, Ibrahim Boubacar Keïta, il presidente francese, François Hollande, aveva sostenuto che «abbiamo vinto questa guerra». L'affermazione, peraltro, è apparsa a molti almeno prematura, dato che le truppe francesi, il cui ritiro avrebbe dovuto essere ultimato entro aprile, sono ancora impegnate in battaglia nel nord del Mali. Le milizie del Mujao e dell’Aqmi, tutt’altro che definitivamente sconfitte ed espulse dal nord del Mali, hanno anzi consolidato le posizioni in tutto il Sahel, come hanno confermato già lo scorso gennaio l'attacco all'impianto di estrazione del gas di In Amenas, in Algeria, e quelli ai siti minerari per l'estrazione dell'uranio in Niger.

 

Oltre che del Mali, il vertice si è occupato dalla crisi in corso in Guinea Bissau, ma anche dalla pirateria marittima sempre più invasiva nel Golfo di Guinea. Un apposito gruppo di lavoro per definire una cornice giuridica efficace nella lotta alla pirateria marittima, al banditismo e al traffico di droga è stato costituito tra l'Ecowas, la Commissione del Golfo di Guinea e appunto la Ceac, a sua volta alle prese con la crisi nella Repubblica Centroafricana, un altro caso che mostra evidenti infiltrazioni di combattenti fondamentalisti islamici stranieri, provenienti soprattutto da Ciad e Sudan, tra le milizie che spadroneggiano nel Paese.