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Un decennio di crisi incancrenita

Un decennio di crisi incancrenita - Pierluigi Natalia

  

Violenza nel Darfur

 

dimenticata

 

  

5 maggio 2013

  


di Pierluigi Natalia

Dieci anni fa la crisi nel Darfur ottenne per qualche tempo le prime pagine dei giornali e le aperture dei notiziari televisivi e radiofonici di tutto il mondo. In ogni Paese si costituirono associazione di sostegno. Le pressioni internazionali furono tali da portare, per la prima volta, a incriminare un capo di Stato, il presidente sudanese Omar Hassam el Bashir, all'incriminazione davanti alla giustizia internazionale (il liberiano Taylor e il serbo Milosevic lo furono quando erano già ex presidenti, mentre il kenyano Kenyatta lo è stato mentre non era ancora tale). Nel Darfur l'Onu ha dispiegato per la prima volta una missione internazionale, l'Unamid, in collaborazione con un organismo regionale, l'Unione africana, ed è tuttora quella più numerosa, con oltre ventimila effettivi tra militari e poliziotti. Ma da anni, salvo saltuarie eccezioni, la crisi nel Darfur è scomparsa o quasi dai radar delle cancellerie e delle testate d'informazione.

Eppure resta sostanzialmente irrisolta la spaventosa vicenda esplosa nel febbraio 2003 con l'insurrezione contemporanea dei due principali ribelli delle etnie del Darfur, l'esercito di liberazione sudanese (Sla) e il Movimento per la giustizia e l'eguaglianza (Jem) contro il Governo di Khartoum e, soprattutto, contro gli janjaweed, i miliziani arabi delle tribù nomadi dei Baggara, responsabili di sistematiche violenze contro le popolazioni autoctone della regione, con la connivenza, se non con il controllo del Governo stesso. Soprattutto nei primi anni, il conflitto nel Darfur ebbe esiti spaventosi. Dopo un biennio, le stime dell'Onu erano di trecentomila morti e di due milioni e mezzo do profughi, tra sfollati interni e rifugiati all'estero, soprattutto in Ciad. Col tempo la situazione si è modificata, ma solo in parte. I profughi interni sono ancora oltre un milione e negli ultimi mesi sono ripresi i flussi di rifugiati oltre confine.

Ancora all'inizio di maggio, una brusca ripresa delle violenze tra etnie contrapposte, in questo caso arabe, ha provocato centotrenta morti e duemila feriti, secondo l’Ocha, l’ufficio dell’Onu per gli interventi umanitari. Gli scontri hanno avuto come teatro la zona di Edd Al Fursan, a circa cento chilometri a sud ovest di Nyala, capoluogo del Darfur meridionale, e avrebbero avuto origine, come spesso accade in quelle aree, dalla contrapposizione delle comunità dei Beni Halaba e dei Gimir per il controllo delle fonti d’acqua e dei pochi terreni fertili. L’Ocha ricorda che in aprile analoghi scontri avevano provocato oltre 50.000 sfollati, molti dei quali sono fuggiti in Ciad. Nella stessa Nyala, poco tempo prima, ad aumentate la tensione c'era stata anche anche la repressione da parte della polizia di manifestazioni di protesta per il carovita. Il movimento di opposizione Sudan Change Now ha riferito di almeno 15 persone uccise, per lo più giovani tra i 15 e il 20 anni. Poche settimane prima, l'Unimid aveva riferito di 25.000 nuovi sfollati per violenze anche nel nord del Darfur, per violenze scoppiate proprio in un campo profughi, quello di Kassab, nei pressi di Kutum.